
Un religioso del convento piamente pregava dinanzi all’altare di Maria, quando, alzando gli occhi verso l’immagine, vide sotto la lividura della guancia risplendere una luce color d’oro e tutto intorno sfavillare numerose e piccole stelle. Ritenendo che fosse un’allucinazione chiamò il sacrestano, e senza prevenirlo, l’invitò a guardare l’immagine. Questi, colmo di meraviglia, confermò la visione della luce e delle stelle e corse a chiamare il priore, in quel tempo padre Rossella. Accompagnato da altri due frati all’altare della Vergine, il superiore constatò il miracolo. Il mattino dopo all’alba, il vescovo di Nola, monsignor Filippo Cesarino, avvisato dal priore del convento, si recò a visitare la sacra immagine. Osservò lungamente le stelle e, commosso, volle che immediatamente anche il suo vicario osservasse e attestasse quel prodigio. Ordinò ai padri di divulgare la notizia e di non porre ostacoli alla gioia e al fervore dei fedeli e, appena ritornato a Nola, comandò che per tutta la diocesi s’istituissero pubbliche processioni di ringraziamento. Il viceré del tempo, Antonio Alvarez Marchese D’Astorga, accorse anche lui al santuario, e confermando l’ordine del vescovo di Nola, comandò che per mano di un pubblico notaio venisse redatto un documento riguardante l’accaduto, da inviare poi al re di Spagna, assieme a una riproduzione dipinta del miracolo stesso. Dopo il viceré vennero e constatarono il prodigio il cardinale Orsini (più tardi papa Benedetto XIII), l’inquisitore di Napoli e i consultori del Sant’Uffizio vaticano. Il 26 aprile, quindi circa un mese dopo (il che significa che tale prodigio durò molto tempo), il notaio Carlo Scalpato da Nola redasse l’atto ufficiale in presenza e con la testimonianza di moltissime persone autorevoli, religiose e civili, tra le quali troviamo il nunzio della Santa Sede presso il Regno di Napoli, monsignor Marco Vicentino, vescovo di Foligno; il vescovo di Nola Filippo Cesarino; il vicario generale della diocesi, Giovanbattista Fallecchia; il duca Fabrizio Capece Piscicelli del Sedil Capuano e suo fratello Girolamo; don Nicola Capecelatro; il residente del duca di Toscana presso la corte di Napoli, don Santolo di Maria, e il giudice del luogo dottor Onofrio Portelli.