
Le Associazioni della Madonna Dell’Arco sono una realtà religiosa e sociale che meritano una particolare menzione. Sono intitolate associazioni alla Madonna dell’Arco e sono diffuse in modo particolare in Campania, ma anche nel Nord Italia (Torino, Varese, ecc.) e all’estero. Negli Stati Uniti d’America e in Aust ralia sono presenti complessivamente una cinquantina di queste associazioni. Sono circa 400, tra vere e proprie associazioni, gruppi familiari e gruppi spontanei, con oltre trentamila iscritti. Son cifre che variano nel tempo di qualche unità per la frequenza con cui alcune di queste associazioni muoiono, mentre, con più frequenza, altre ne nascono dando segni di una vitalità spontanea e di una genuina ricchezza, in pieno contrasto con la crisi dell’associazionismo cattolico. Molte di queste associazioni hanno una sede, frequentata dai soci nel tempo libero, come tanti circoli ricreativi, tutti dominati da un’edicola o da una ricca bandiera con l’immagine della Madonna dell’Arco. Alcune associazioni e soprattutto i gruppi familiari e spontanei, hanno vita e attività solo in prossimità della Pasqua per preparare il «grande pellegrinaggio» dei soci al santuario il lunedì di Pasqua. Nei mesi precedenti tutte le associazioni fanno la questua per le vie di Napoli o dei paesi della provincia per provvedere alle spese di gestione della sede, di imbandieramento del paese o del rione, dello sparo dei mortaretti alla partenza del pellegrinaggio e anche per portare un’offerta al santuario. La questua, per quanto avversata dalla direzione del santuario e dalle autorità ecclesiastiche, rientra in quel patrimonio culturale che, assieme al pellegrinaggio, affonda le sue radici nei riti della civiltà mediterranea pr ecristiana assorbiti, come tanti altri, dal cristianesimo, dando luogo a forme di costume che continuano ad interessare studiosi di sociologia e antropologia. Sono proprio queste associazioni ad organi zzare le cosiddette «paranze» o «squadre di fujenti» o «battenti», composte da uomini, donne e anche bambini che, dall’alba del lunedì dopo Pasqua fino a oltre il tramonto, si susseguono ai piedi dell’ altare della Vergine dell’Arco. Il termine «fujente» proviene dal modo di procedere di questi pellegrini verso il santuario, cioè da «fuggire», correre; l’altro termine, più recente, di «battenti» deriv a dall’azione del battere costantemente i piedi a terra. Questi pellegrini fin dal tempo del Domenici, che scriveva nel 1608, vestono una particolare divisa conservata nei secoli: camicia bianca, muta ndoni bianchi ora sostituiti da pantaloni (sempre bianchi), sciarpa azzurra a tracolla con l’immagine della Madonna, fascia rossa alla vita, una volta tutti a piedi nudi e ora in gran parte con le scar pette bianche. La maggior parte di loro sono provenienti da categorie popolari, anche dagli strati più umili, senza sufficiente istruzione, e a volte senza lavoro stabile e senza un alloggio decente. E un fenomeno che ha avuto una crescita straordinaria in questo dopoguerra e che non va giudicato con superficialità. Così scriveva al rettore del tempo, all’inizio degli anni ottanta, il professor Tullio Tentori, déll’università di Roma: «Commosso dalla manifestazione di genuina religiosità alla quale ho assistito e nella quale mi sono sentito coinvolto, desidero esprimere la mia gratitudine (…). Le rip eto, mi sono veramente commosso di fronte a tanta fede e tanto affetto per la Madonna dell’Arco. Sentivo che anche gli elementi più antichi in quei momenti perdevano consistenza e si trasformavano in a neliti di pura religiosità, esprimenti un desiderio di affidamento alla “Mamma” dell’Arco, e di sentirsi da lei protetti, ed al tempo stesso di amore e di devozione». E il noto studioso Roberto De Simo ne a Villa Pignatelli a Napoli, il 13 dicembre 1983, in occasione della presentazione del primo volume del catalogo delle tavolette votive del santuario, ha affermato: «Si è parlato di inciviltà, di barbarie e simili cose, ma oggi le persone che intendono avvicinarsi culturalmente alla Campania devono passare per Madonna dell’Arco, e non basta andarci una sola volta. Il fenomeno va osservato e approfondito per poterlo comprendere». I padri domenicani fin dagli anni cinquanta hanno dedicato una particolare attenzione a questi fratelli per ridare al pellegrinaggio del lunedì dopo Pasqua il suo carattere religioso.